Sonate e Concerti: un “format” vincente

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“Venezia: dove tutto segue la moda e dove la musica dello scorso anno è già dimenticata”
Charles de Brosses

Tra la seconda metà del Seicento e i primi decenni del Settecento, il barocco musicale italiano raggiunge il suo massimo splendore con Albinoni, Scarlatti, Marcello, Tartini… Su tutti emerge la figura di Antonio Vivaldi.

Antonio Vivaldi

Sonate e Concerti: un “format” vincente

L’arte barocca nasce e si sviluppa tra Controriforma da una parte, e scienza dall’altra. Le riflette entrambe. Entrambe, infatti, guardano all’infinito, sia pure da prospettive diverse. L’arte barocca vuole dare una forma a questo infinito, che sembra mostrare, anche all’occhio della scienza, la perfezione divina.

La musica barocca precisa le sue forme. Le Sonate o i Concerti diventano modelli “standard”, articolati in movimenti che si succedono in maniera regolare (es. Allegro – Adagio – Allegro). Questo rende la forma facilmente riconoscibile agli ascoltatori, e semplice da adottare da parte dei compositori. Non è un caso se in questo periodo vengono composte migliaia di Sonate o di Concerti. Seguono uno “schema” preciso: in appena 10 minuti di musica, a volte anche meno, garantiscono risultati eccellenti. In così poco tempo, riescono a farti assistere al gioco infinito dei suoni. Un gioco sempre uguale e diverso.

Ascolti un concerto barocco per la prima volta, ed hai immediatamente la sensazione di conoscerlo già. La ragione che spiega questo fatto dal punto di vista musicale si chiama forma. Una forma chiara, asciutta, regolare. Un po’ come il format televisivo: sigla iniziale, ingresso del conduttore, introduzione, presentazione degli ospiti, servizio giornalistico in collegamento esterno, commenti in studio, stacco pubblicitario, ecc. Alcuni format funzionano, altri no. Il concerto e la sonata sono capolavori assoluti di format musicale.

La “teoria degli affetti”

I maestri del barocco sono convinti che il linguaggio della musica strumentale, per quanto privo di parole, abbia comunque una sua eloquenza. E’ in grado cioè di suscitare emozioni. Si pensa che alcune combinazioni di suoni, alcuni ritmi, alcune armonie possano produrre un certo affetto; altre, affetti diversi. In altri termini, si ritiene che esista una relazione certa tra musica e “affetti”. Oggi la “teoria degli affetti” non è più largamente condivisa. Tuttavia, la sua importanza sta nell’aver attribuito alla musica strumentale una capacità espressiva propria, al pari di quella riconosciuta alla musica vocale.    

Antonio Vivaldi

Al tempo di Vivaldi, Venezia è una città ricca, piena di artisti e di teatri. In questa città, il 4 marzo del 1678, nasce Antonio Vivaldi. Per i veneziani è un giorno indimenticabile: c’è appena stato un terremoto e la signora Camilla Calicchio, figlia di un sarto e moglie di Giovannni Battista Vivaldi, “barbiere e sonador”, da alla luce il suo primogenito. Un bambino nato prematuramente, forse proprio a causa dello spavento della madre per il terremoto. La mamma teme che  questo corpicino esile e debole non possa sopravvivere. Lo affida perciò alla potenza della fede: se il piccolo riuscirà a vivere, da grande sarà consacrato a Dio. E cosi, a 15 anni, il giovane Antonio entra negli ordini religiosi minori: prima ostiario, poi lettore ed esorcista, infine sacerdote.

Antonio Vivaldi

Il “Prete rosso”

E’ passato alla storia con il soprannome di “Prete rosso”. Prete, in quanto sacerdote. Rosso, per il colore dei capelli. Ma forse le cose stanno un po’ diversamente. Nel documento che elenca i musicisti dell’orchestra di San Marco, appare il nome del padre, violinista: Giovan Battista Rossi Vivaldi. Dunque, un secondo cognome? Non lo sappiamo con certezza. E’ pur vero che, in alcuni documenti, il papà è indicato come “Roseto”, forse per il colore dei capelli, un segno di famiglia…

Antonio riceve il battesimo “per pericolo di morte”. Non studia in seminario, come si converrebbe a chi vuole diventare sacerdote, ma segue gli insegnamenti di un parroco: a 15 anni è ostiario, a 17 esorcista. Ma celebra la messa per poco tempo: accusa disturbi respiratori, una “strettezza di petto” che non gli consente di affaticarsi molto. Anche per gli spostamenti da una parte all’altra di Venezia, utilizza la gondola, raramente va a piedi. Comincia a lavorare nell’Ospedale della Pietà dove organizza un’ottima orchestra per la quale scriverà molte delle sue composizioni strumentali. La sua musica è di grande effetto, l’orchestra sembra perfetta.

Johann Johachim Quantz, flautista alla corte dell’imperatore di Prussia Federico II, ne resta impressionato. Così commenta:

In quanto costituivano allora un tipo del tutto nuovo di composizione musicale, mi fecero una notevole impressione. Feci in modo di collezionarne un buon numero. Da quel momento, i magnifici ritornelli di Vivaldi mi servirono da eccellenti modelli” – (in Michael Talbot, Vivaldi – EDT).

Johann Joachim Quantz

Charles de Brosses, a Venezia nel 1739, scrive:

“[I veneziani] hanno un sistema di accompagnamento che noi non conosciamo, ma che sarebbe facile introdurre nelle nostre esecuzioni, che valorizza molto la loro musica; è l’arte di aumentare o diminuire il suono, che potrei definire l’arte delle sfumature e delle ombreggiature. Questa tecnica viene praticata sia gradualmente che bruscamente. Accanto al forte e al piano, al fortissimo e al pianissimo, essi hanno anche un più o meno enfatico mezzo-piano e mezzo-forte” – (in Michael Talbot, Vivaldi – EDT).

Vivaldi compone velocemente: si dice che impieghi minor tempo lui a scrivere un Concerto che un copista a ricopiarne gli spartiti.

Molte delle sue composizioni strumentali formano delle “raccolte”:

L’estro armonico: 12 concerti per 4 violini, 2 viole, violoncello e basso continuo;

La stravaganza: 12 concerti per violino;

Il cimento dell’armonia e dell’invenzione: 12 concerti per diversi strumenti;

La cetra: concerti a 5 strumenti.

Pubblica le sue composizioni addirittura in Olanda. Bach, ammirato, ne studia l’opera trascrivendone alcuni lavori per organo.

Dopo una vita di intensa attività musicale e di successi, Antonio Vivaldi muore in miseria a Vienna. Viene sepolto dopo una funzione religiosa semplice e sbrigativa: con “rintocchi di campana piccola”, quanto previsto per le persone più povere.

Le “Quattro stagioni”: un successo che non tramonta mai

Le composizioni più famose di Antonio Vivaldi sono senz’altro “Le quattro stagioni”. Appartengono al ciclo de “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione”. Quattro concerti per violino e orchestra d’archi, ognuno intitolato ad una stagione:

la Primavera: in Mi Maggiore;

l’Estate: in sol minore

l’Autunno: in Fa Maggiore

l’Inverno: in fa minore

Questi Concerti sono accompagnati da versi, forse scritti da Vivaldi stesso: una descrizione poetica delle stagioni. Sarebbe stato meglio se Vivaldi non li avesse mai scritti: è da questi versi, innocenti e poeticamente modesti, che è infatti nato uno dei più grandi equivoci sulla musica. Se noi ascoltiamo i Concerti senza aver letto i versi, abbiamo la giusta sensazione di trovarci di fronte a dell’ottima musica strumentale. Dello strumento solista, il violino, apprezziamo le ampie capacità esecutive: la cantabilità, lo scatto, il suo saper stare in rapporto con l’orchestra, ora fondendosi con essa, ora emergendone come leader indiscusso.

Poi, leggendo i versi, tutto questo diventa banale didascalia: qui senti le gocce dell’acqua, qui i fiorellini, questi sono i contadini, questa è la neve.  Un capolavoro di musica strumentale si riduce a “musica con i sottotitoli”, per i …non udenti. E da qui l’equivoco si estende all’infinito, ad ogni musica che abbia un titolo diverso dal generico Sonata in Fa Maggiore o Concerto in la minore. Sicuramente Vivaldi avrà inteso ispirarsi alle stagioni, ma solo come suggestione generica: non intendeva certo farne una cronaca musicale. Anche perché….

Leggiamo i versi:

“I cacciator alla nov’alba a caccia

con corni, schioppi e cani escono fuore;

fugge la belva e seguono la traccia.

Già sbigottita e lassa al gran rumore

de’ schioppi e cani, ferita minaccia

languida di fuggir, ma oppressa muore”.

Sono relativi al terzo movimento de l’Autunno. Ora, ascoltandone la musica, ci rendiamo conto senza difficoltà che non si tratta di colonna sonora né di musica descrittiva. L’orchestra non descrive cani, né schioppi, né belve ferite: solo frasi musicali, stupende frasi musicali, la cui bellezza non è nella descrizione dell’Autunno, ma nella perfezione della forma. Se Vivaldi avesse intitolato questo concerto La cena di Bacco, allora avremmo “visto” dèi e satiri impegnati a mangiare e a bere, ninfe che danzano, spiritelli che escono dai boschi. Ecco allora che le stesse note, da una parte sono la danza dei cacciatori, dall’altra l’allegria di Bacco… Tutto questo con la musica non ha nulla a che fare.

Il ritmo con il quale si apre questo movimento riproduce una danza di origine dalmata. Venezia è vicina alla Dalmazia. E dalla Dalmazia approdano sulla Riva degli Schiavoni centinaia di marinai, operai, gente comune. Con la forza nelle braccia e con il ritmo delle loro danze nelle gambe. Può allora darsi che Vivaldi abbia sentito e visto questi balli. L’Ospedale della Pietà è proprio lì, a due passi dalla Riva degli Schiavoni…

Vivaldi non scrive solo musica strumentale. Ai circa 500 concerti solistici per vari strumenti va aggiunta musica sacra, tra cui il Gloria, il Magnificat, lo Stabat Mater, il Laudate Pueri. E oltre 50 opere teatrali, tra cui l’Orlando furioso e l’Olimpiade.

Ascolto – Antonio Vivaldi, “Gloria in excelsis Deo”, dal Gloria RV 589 per soli, coro e orchestra

E’ una composizione per soli (cantanti: un soprano e un mezzo-soprano), coro e orchestra. Il genere musicale è completamente diverso da quello delle Stagioni. Si tratta ora di repertorio sacro: Gloria in excelsis Deo, ripete incessantemente il Coro, prima omoritmicamente, poi con una polifonia a canone, con le voci del coro che si rincorrono tra di loro.

Quanto siamo distanti dalla religiosità musicale di un Palestrina, così sublime, immateriale. Eppure, si potrebbe dire, Vivaldi è un prete! Ma siamo a Venezia, e qui la bellezza è nella materia stessa della musica. Vivaldi è un compositore prevalentemente strumentale: e questa impronta la ritroviamo ovunque nella sua produzione. E’ la firma del suo genio.

Altri grandi interpreti del barocco italiano sono:

Tomaso Albinoni (1671-1750), veneziano, autore di musica strumentale, tra cui gli splendidi Concerti per oboe e archi. Il suo stile è di grande eleganza; la voce dell’oboe (aerofono) unita a quella degli archi (cordofoni) crea un mix sonoro gradevolissimo. Di nuovo il gusto per il pastello, la sensibilità verso le sfumature di colore, dal chiaro allo scuro, dal marcato al leggero, trasferito nella musica.

Ascolto – Tomaso Albinoni Concerto for 2 Oboes in C Major, Op. 9 No. 9

Giuseppe Tartini (1692-1770), attivo soprattutto a Padova, fonda una scuola di violino che diventa famosa in tutta Europa. Fa ricerche sui fenomeni acustici, e pubblica trattati teorici. Scrive 131 concerti, quasi tutti per violino, e la celebre Sonata “Il trillo del diavolo”, così chiamata perché l’autore racconta di aver visto in sogno il diavolo suonare il violino in maniera sublime.

Benedetto Marcello (1686-1739), veneziano, musicista e magistrato. Oltre che di composizioni musicali, è autore di un libretto divertentissimo – Il teatro alla moda – nel quale denuncia tutti gli eccessi della vita teatrale: i capricci dei divi, le preoccupazioni degli impresari, ecc.

Alessandro Marcello (1684-1750), veneziano, è fratello di Benedetto. Celebre è l’Adagio del suo Concerto per oboe. Un brano di grande intensità espressiva, reso famoso dal film Anonimo Veneziano.

Alessandro Scarlatti (1660-1725), siciliano, lavora a Roma e poi a Napoli, come maestro della cappella reale. E’ autore di musica sacra e di opere teatrali, tra le quali La Griselda. Il suo contributo al melodramma è fondamentale:

l’ouverture è divisa in tre sezioni: allegro-lento-allegro e, per questo, detta “scarlattiana” o “all’italiana”;

accanto al recitativo accompagnato dal clavicembalo – recitativo secco – viene introdotto il recitativo sostenuto dall’orchestra – recitativo obbligato;

gli atti del melodramma si concludono non con arie per un singolo cantante, ma con pezzi d’insieme, cioè per 2, 3, 4 cantanti;

nell’orchestra, oltre agli archi, compaiono i fiati: oboi, corni, flauti e trombe.

Ascolto –  A. Scarlatti, Sinfonia avanti l’Opera (Griselda)

Domenico Scarlatti (1685-1757), napoletano, è il figlio di Alessandro. E’ oggi ricordato soprattutto per le sue composizioni per clavicembalo, di cui è stato uno straordinario esecutore. Muore a Madrid.

Ascolto – D. Scarlatti, Sonata in Re minore per cembalo

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2 thoughts on “Sonate e Concerti: un “format” vincente

  1. Захватывающий текст! С первых строк завладевает вниманием так, что хочется читать дальше не останавливаясь. Достаточно кратко, и в то же время объемно и красочно. Интересно прописаны исторические детали эпохи, список композиторов внушителен, видеозаписи подобраны с большим вкусом и знанием стиля. Книга определённо обещает быть увлекательной как для широкой публики, так и для специалистов. С большим удовольствием буду читать её целиком! Спасибо за труд!

    1. Grazie, Natalia, per le tue parole di stima e di incoraggiamento.
      Spero che questo corso possa risultare utile e interessante per tutti.
      Un caro saluto!
      Onorio Zaralli

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